

Valve: l'azienda miliardaria più anticonvenzionale al mondo
È un'azienda privata senza investitori, senza gerarchie e quasi senza concorrenti, eppure è una delle più redditizie al mondo. Con la sua piattaforma Steam, Valve ha rivoluzionato il mercato dei PC e ha creato un ecosistema che appassiona i giocatori da due decenni.
Chi ti viene in mente quando si parla di giganti della tecnologia? Di sicuro Apple, Google o Microsoft. Tuttavia, nel settore dei videogiochi c'è un gigante poco appariscente che li batte tutti quanti. Almeno a livello di portata: Valve. Questa azienda non ha investitori, né gerarchie e non organizza conferenze stampa. Eppure, con la sua piattaforma Steam, controlla il più grande mercato digitale di videogiochi al mondo.
Anch'io uso Steam da anni e mi chiedo: come ha fatto una manciata di sviluppatori della cittadina di Bellevue, sperduta nello stato di Washington nel nord-ovest degli Stati Uniti, a creare uno dei marchi più potenti del settore? E il tutto senza utilizzare le strutture aziendali classiche?
Valve e Steam: le fondamenta del moderno gaming su PC
Valve è l'azienda che ha creato Steam, la piattaforma dove oggi si vendono quasi tutti i giochi per PC; forse anche un paio per Mac. Fondata nel 1996 da due ex dipendenti Microsoft, Valve inizialmente si è fatta un nome con giochi come «Half-Life» e «Counter-Strike». Ma con l'arrivo di Steam nel 2003 è cambiato tutto: in pochi anni, quello che era un semplice studio di sviluppo si è trasformato in un operatore di piattaforme globale. Steam è un punto vendita digitale, un community hub, un sistema di aggiornamento e un mercato di beni virtuali. In sostanza, la spina dorsale dei moderni giochi per PC. Oggi Steam è sinonimo di giochi per computer. E Valve, la società responsabile di tutto questa, è diventata un fenomeno economico e culturale.

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Da dove deriva il potere di Valve?
Circa 132 milioni di persone usano Steam ogni mese, 69 milioni ogni giorno. All'inizio del 2025, Steam ha raggiunto un nuovo record, con oltre 40 milioni di utenti attivi contemporaneamente.
Da oltre vent'anni, milioni di giocatori si sono creati sulla piattaforma enormi librerie di giochi, spesso contenenti centinaia di titoli. Con qualche decina di giochi, lì sono un pesce relativamente piccolo. Alcuni giocatori investono centinaia e persino migliaia di franchi anche nei profili pubblici. Tutto questo crea un legame sia emotivo che economico: quando hai investito così tanto in Steam, non riesci più a cambiare piattaforma.
E Valve guadagna su ogni transazione: una commissione del 30% sui giochi, sugli acquisti in-game e sugli oggetti virtuali. Questo margine è così remunerativo che grandi editori come EA, Ubisoft o Activision hanno creato delle piattaforme proprie per svincolarsi dal sistema. Ma i tentativi sono falliti, perché dopo qualche anno sono tornati tutti su Steam. Quindi per il nuovo «Battlefield» non ti serve nemmeno più la piattaforma EA. Così come altri editori di videogiochi, anche EA ha dovuto prendere atto che i giocatori vogliono restare su Steam. Steam non è un monopolio ufficiale, ma è praticamente uno standard del settore. Nessun'altra piattaforma è riuscita a creare una base di utenti così grande e attiva, rimanendo al contempo sempre affidabile.
Le prime crepe
Insieme alle dimensioni e al potere, crescono anche le critiche a Steam. Ovviamente, tutti gli studi di sviluppo dipendono dalla piattaforma: tanto i grandi quanto i piccoli. Solo nel 2024, su Steam sono usciti 14 000 nuovi giochi, molti dei quali incompiuti, di qualità discutibile se non addirittura truffaldini. Con questo tipo di «asset flip», gli sviluppatori cercano di guadagnare soldi in fretta – e spesso ci riescono. Anche il sistema di valutazione di Steam è oggetto di critiche, perché considerato facile da manipolare. Con il «review bombing» si può abbassare la valutazione di un gioco in modo massiccio. È successo, ad esempio, a «Helldivers II», perché Sony voleva imporre l'obbligo di aprire un account. Questa vicenda può essere vista come un esempio del potere della community, che, se vuole, può anche lanciare campagne contro alcuni giochi.
Periodicamente c'è chi si lamenta perché a volte il tono usato nei forum o nella sezione commenti sarebbe tossico. Esiste solo una moderazione limitata, pertanto gli insulti isolati sono praticamente all'ordine del giorno, visto i milioni di commenti pubblicati ogni giorno.
Interessante anche il fatto che chi utilizza giochi acquistati digitalmente su Steam praticamente non può rivenderli. In sostanza, non acquisisci un classico diritto di proprietà, ma solo una licenza trasferibile, peraltro legata esclusivamente al tuo account Steam. Un tribunale francese nel 2019 ha già sentenziato che la cosa non è legale. Finora però Valve non ha modificato questa prassi, anche se la community continua a chiederlo.
Steam come modello di riferimento per iTunes e Spotify
Prima di Steam, i videogiochi erano ancora analogici. Chi voleva un nuovo gioco andava in negozio o lo ordinava su Digitec. I giochi erano contenuti in una scatola con dentro un CD o un DVD. Si installava il gioco e si custodiva bene il disco, perché senza di quello spesso il gioco non avviava nemmeno. I meno giovani se lo ricorderanno.
Il lancio di Steam da parte di Valve nel 2003 ha cambiato radicalmente il mercato. Pensata come una piattaforma per distribuire gli aggiornamenti di «Counter-Strike» e «Half-Life», in breve tempo Steam è diventata un sistema di distribuzione digitale. Il primo nel suo genere su vasta scala. I giocatori potevano comprare i giochi online, scaricarli e salvarli in modo permanente in una libreria, senza bisogno di supporti fisici. All'inizio l'idea è stata contestata. Molti gamer erano scettici all'idea di possedere un software «solo in formato digitale». Ma con il tempo, la praticità, gli update automatici, l'archiviazione in cloud e le offerte speciali hanno convinto tutti. E ovviamente anche il fatto che, senza Steam, non ci sarebbero «Counter-Strike» e «Half-Life».
Valve ha fatto quello che in seguito hanno realizzato anche Apple con iTunes e Spotify nel mercato musicale: ha digitalizzato la proprietà. Oggi, l'acquisto di supporti fisici nel settore dei videogiochi per PC è praticamente sparito. Ormai quasi nessun computer moderno ha più un drive. Steam non è stata solo un pioniere nella distribuzione digitale, ma anche un precursore di una nuova cultura del consumo: i giochi sono sempre disponibili, si installano in un attimo e gli aggiornamenti si eseguono automaticamente in background. Al contempo questo modello è anche meno impattante sull'ambiente, a patto che centri di calcolo siano alimentati con energia da fonti rinnovabili. Il sistema di distribuzione digitale, senza dischi in plastica e spedizioni in tutto il mondo, è più efficiente, comodo e, alla fine, anche più redditizio. Per i giocatori, per gli sviluppatori e soprattutto per la stessa Valve.

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Un modello di business semplice e convincente
Steam funziona secondo un principio semplice: Valve fornisce la piattaforma, si occupa della distribuzione, degli aggiornamenti, della community, dell'archiviazione in cloud e dell'elaborazione dei pagamenti, incassando in cambio una commissione compresa tra il 20 e il 30%. Questo per gli sviluppatori significa niente costi di magazzino, niente distribuzione al dettaglio, niente costi di marketing elevati. Quindi anche piccoli studi indie possono proporre i loro giochi a 69 milioni di utenti ogni giorno. La community di Steam favorisce il continuo successo dei piccoli sviluppatori indipendenti.
E per Valve questo si traduce in una commissione su ogni transazione. I costi sono minimi: server, assistenza, sviluppo. Solo a marzo 2025, Valve ha guadagnato 82 milioni di dollari vendendo le chiavi virtuali per aprire le casse in «Counter-Strike 2». In un solo mese. A cui si aggiunge la commissione di mercato del 10% su ogni skin venduta. Il sistema è come un ciclo economico chiuso, in cui ogni transazione produce guadagni multipli senza costi di produzione reali.
La straordinarietà di Valve
Ripercorrendo la storia dell'azienda, risulta chiaro che Valve ha preso le decisioni giuste. Perché Valve è cresciuta grazie alla sua passione per lo sviluppo di videogiochi. Titoli come «Half-Life», «Portal» o «Counter-Strike» sono considerati pietre miliari nel mondo dei videogiochi e ancora oggi restano ineguagliati. La storia di «Counter-Strike» mostra come ragiona Valve: una modifica creata dai fan per «Half-Life» è diventata così popolare che Valve ha capito che poteva trarne profitto.
Altri studios avrebbero fatto causa per bloccare le modifiche. Cosa ha fatto Valve, invece? Ha comprato i diritti, ha assunto gli sviluppatori di Counter-Strike nella propria azienda e ne hanno fatto uno dei giochi di maggior successo al mondo. È questa apertura all'innovazione e ai contributi della community che caratterizza Valve ancora oggi. Perché i contenuti come le skin, le mappe e le mod arrivano quasi tutti dalla community. Che crea, controlla e valuta questi contenuti. Valve seleziona solo quello che funziona. In questo modo si riducono i costi interni, mentre si coinvolgono ancora di più i fan. Valve fa poco e nulla, ma dà comunque ai clienti quello che vogliono.
La particolarità di Valve
Valve non è quotata in borsa. È di proprietà del fondatore Gabe Newell, che ora ha 63 anni, e di alcuni collaboratori di lunga data. Secondo alcune stime, nel 2021 Valve ha generato circa 13 miliardi di dollari di fatturato, la maggior parte dei quali provenienti dalla piattaforma Steam, che da sola ha fruttato circa 10-11 miliardi di dollari. Non sono disponibili dati più aggiornati. Quel poco che si sa su come vanno le cose, lo si apprende attraverso fughe di notizie.
Ma questa mancanza di trasparenza rafforza ancora di più la fiducia. Molti vedono il fondatore Gabe Newell non come un classico CEO, ma piuttosto come un compagno di giochi, «un gamer come noi». Non ha mai accettato investitori. Ed è proprio questo che dà a Valve un vantaggio fondamentale: niente rendiconti trimestrali, niente pressione per crescere, nessuna interferenza da parte degli azionisti. Valve può permettersi di pensare a lungo termine o semplicemente di restare in silenzio, se non c'è niente di nuovo da dire.

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Cultura aziendale: qui non ci sono capi
La vita all'interno di Valve è quasi leggendaria ed è stata descritta apertamente nel «Valve New Employee Handbook»: la struttura gerarchica di Valve è radicalmente piatta. Non ci sono manager, né capi nel senso classico del termine, né titoli di lavoro fissi. I dipendenti decidono da soli su cosa lavorare. I tavoli sono dotati di rotelle, per permettere ai team di avvicinarsi fisicamente. I progetti nascono in modo spontaneo e chi ha una buona idea va alla ricerca di altri sostenitori. Non ci sono reparti, bensì «cabale», ovvero team multidisciplinari creati autonomamente.
Gli errori sono espressamente consentiti. L'insuccesso è visto come un'opportunità di apprendimento, non come la fine di una carriera. Ecco cosa recita il manuale:
Nobody has ever been fired at Valve for making a mistake. Providing the freedom to fail is essential to our culture.
Questa libertà funziona perché Valve non scende a compromessi per quanto riguarda le assunzioni. Vengono assunti solo candidati definiti «T-shaped people», ovvero persone con conoscenze molto ampie, ma anche una profonda competenza in un settore specifico. Ogni nuovo assunto deve «essere in grado di gestire l'azienda, in caso di necessità». Il rendimento viene valutato mediante revisioni tra pari, non dai superiori. I dipendenti si valutano reciprocamente e decidono di conseguenza anche i loro stipendi. Ne consegue una cultura che esige responsabilità, autonomia e rispetto reciproco. Qualcosa che molte aziende predicano, ma non mettono mai in pratica. Alla Valve queste cose non sono solo argomento di discussione, ma anche pratica quotidiana.
Quindi tutti i dipendenti sono felici? Ogni tanto spuntano anche testimonianze di ex dipendenti di Valve che indicano la mancanza di leadership come un problema. L'idea poteva funzionare quando l'azienda era più piccola, riferisce ad esempio un'ingegnera hardware. Ora che i dipendenti sono ormai oltre 300, il principio idealizzato sta facendo i conti con i propri limiti. Ed ecco che, ad esempio, diventa difficile trovare soluzioni per i «piantagrane». Oltre al fatto che i dipendenti tendono a dedicarsi a progetti che garantiscono loro bonus sostanziosi a fine anno.
Redditività: un fatturato di miliardi con 300 persone
Con circa 300 dipendenti e un fatturato di miliardi, Valve è un'anomalia economica: nessun investitore, nessuna struttura di marketing, niente organizzazione aziendale classica. E comunque (o proprio per questo) è estremamente redditizia. Secondo alcuni documenti trapelati, già nel 2021 Valve aveva realizzato un profitto di circa 1,2 miliardi di dollari con appena 336 dipendenti. Il che significa un profitto di oltre 3,5 milioni di dollari a testa, un numero che nemmeno giganti della tecnologia come Google o Microsoft riescono a raggiungere. Il motivo è che Steam si può scalare in modo perfettamente digitale. Ogni nuovo utente non costa quasi niente, ma fa crescere le entrate. La piattaforma ormai va avanti da sola.
Nessun competitor in vista
Finora tutti i tentativi di scalzare Steam sono falliti. Ad esempio, l'Epic Games Store, offriva blockbuster gratuiti, giochi esclusivi e commissioni di vendita più basse. Sul primo milione di fatturato di un prodotto prende lo 0% e successivamente il 12%, invece del 30% da subito come fa Steam. Ma nel 2024 ha incassato solo 1,09 miliardi di dollari di fatturato, una frazione di quello che guadagna Valve.
Grandi editori come EA, Ubisoft e persino Activision hanno dovuto ammettere che le loro piattaforme non hanno possibilità contro Steam e che semplicemente non possono permettersi di rinunciare a questa fetta di mercato. Il punto di forza di Steam sta nel suo ecosistema e nella base di utenti, fedele da decenni. Steam è molto più di un negozio, è anche un social network per gamer e quindi praticamente insostituibile per molti di loro.
L'ecosistema chiuso: hardware e titoli esclusivi
Valve non controlla soltanto la piattaforma, ma anche componenti fondamentali dell'ecosistema, dall'hardware ai giochi esclusivi. Mentre altri editori offrono i loro titoli su tutte le piattaforme possibili, Valve vincola i suoi maggiori successi esclusivamente a Steam. Alcuni titoli puoi giocarli solo lì. Videogame come «Dota 2» o «Half Life: Alyx» non sono solo dei campioni d'incassi, ma sono anche lo strumento per legare gli utenti alla piattaforma: milioni di gamer si collegano ogni giorno soltanto per questi giochi e restano automaticamente nell'universo Steam. Con l'uscita dello Steam Deck, Valve ha esteso questa idea anche all'hardware. Questo dispositivo portatile è praticamente un PC tascabile che supporta Steam in modo nativo. Quindi ti dà accesso a tutta la libreria, ovunque tu sia, senza abbonamenti cloud o costi extra.

Valve ha così creato qualcosa che anche i grandi produttori di console riescono a creare raramente: un hardware proprietario che funziona come un'estensione dell'ecosistema esistente, non come un prodotto concorrente. Tuttavia, le vendite sono ancora al di sotto delle aspettative.
Anche il controller Steam e il visore VR Valve Index seguono lo stesso principio: sono una sorta di ponte fisico verso il mondo digitale di Steam e rafforzano ancora di più l'indipendenza dell'azienda. Per fare un confronto: anche i titoli esclusivi più di successo della Playstation, dopo un po' di tempo vengono pubblicati su Steam.
Mentre gli altri editori distribuiscono i loro contenuti, Valve sta creando un universo chiuso che include tutto, dall'idea del gioco al dispositivo di input, rafforzando in questo modo la sua posizione sul mercato anno dopo anno.
StaamOS: l'attacco silenzioso di Valve a Windows
Con SteamOS, Valve ha creato molto più di un semplice software di base per il suo Steam Deck. Il sistema operativo basato su Linux coniuga la semplicità di una console al sistema aperto di un PC e punta, nel lungo termine, a fare concorrenza a Windows nel settore dei videogiochi.
SteamOS è open source e pensato espressamente per i gamer. Il client di Steam funge da interfaccia utente per la libreria, il cloud, la chat e le funzioni di registrazione, mentre la modalità desktop ti permette di accedere alla struttura di base di Linux. Grazie al layer di compatibilità Proton sviluppato da Valve, attualmente su SteamOS girano decine di migliaia di giochi Windows, molti dei quali senza bisogno di modifiche da parte degli sviluppatori.
Voci di corridoio riferiscono che presto potrebbe uscire una versione desktop per tutti i PC. Questo consentirebbe a Valve di stravolgere non solo il mercato delle piattaforme di gioco, ma anche quello dei sistemi operativi. SteamOS non è ancora perfetto: alcuni sistemi anti-cheat o configurazioni hardware danno problemi. Ma il sistema si sta sviluppando rapidamente. Se Valve decidesse di fare il grande passo verso un sistema operativo completo per PC, SteamOS potrebbe diventare per il gaming quello che Steam è stato un tempo per la distribuzione digitale: una vera rivoluzione.
Conclusione
Valve resta un mistero. L'azienda si fa sentire solo quando ha davvero qualcosa da dire. Un silenzio che non è negligenza, ma una precisa strategia. Mentre altri giganti della tecnologia cercano di rubarsi il posto in prima pagina, Valve lavora in sordina e fattura miliardi. È il modello opposto alla classica logica aziendale: nessun capo, niente investitori, zero gerarchie. E tuttavia funziona meglio di quasi tutte le altre aziende del settore. Gabe Newell ha creato qualcosa di estremamente raro nel mondo imprenditoriale: un sistema basato su libertà, responsabilità e fiducia. Un'azienda che dimostra che si può essere grandi, redditizi e indipendenti. A cui non importa nulla degli investitori dei mercati.
Ma al di là del fascino che suscita, non bisogna dimenticare una cosa: Valve può permettersi di comportarsi così. Con riserve miliardarie, una piattaforma leader di mercato e una community fedele, l'azienda opera da una posizione di forza quasi inattaccabile.
I critici lamentano che Valve non consente quasi nessun controllo sul proprio potere, ad esempio attraverso la commissione del 30% che da anni molti sviluppatori ritengono troppo elevata. Anche la mancanza di trasparenza sui dati di vendita o sulla moderazione su Steam è spesso oggetto di critiche. Ma Valve resta un'eccezione. E forse è proprio questo il più grande insegnamento di Valve: a volte il modello di business più radicale è semplicemente quello di lavorare in modo diverso.

Fonte: IA/Gagagdet
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