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Shutterstock/carciofo pim
Opinione

I bambini e lo sport: tipici errori di noi genitori

Michael Restin
14/4/2025
Traduzione: Alessandra Ruggieri De Micheli

Come genitore, non è sempre facile tenere per sé le proprie opinioni sulle prestazioni sportive dei propri figli. Anche se riesci a controllarti durante la partita, spesso inizi un debriefing durante il viaggio di ritorno che può risultare controproducente.

Immagina se i genitori, soprattutto i padri, andassero a scuola e si comportassero come fanno durante una partita o una gara. In classe si scatenerebbe l'inferno. «Ora moltiplica, subito! Vaiiii! Risolvi l'equazione!» – «Ci vuole o no la virgola prima del ma?» – «Ehi prof. quanto manca?».

Nessun genitore penserebbe mai che sua figlia o suo figlio potrebbe presto diventare un genio di matematica perché sa a menadito le tabelline. Nello sport, invece, la situazione cambia. Soprattutto nelle discipline in cui si può fare carriera, i genitori molto spesso non riescono a tenere a freno le proprie ambizioni. Potrebbe trasformarsi in qualcosa di grande. Basta pensare a Frank Lampard, che divenne calciatore di successo su progetto del padre.

Si tratta della specie che urla da bordo campo o dalla tribuna, comandando a bacchetta i giocatori o imprecando contro allenatrici o allenatori; quella che ha sempre un piede in campo se l'organizzatore non ha messo le transenne; quella che sgrida senza mezzi termini i propri figli insicuri; quella che soffoca la creatività e il piacere del gioco perché ai suoi occhi conta solo vincere.

I bambini e le bambine vogliono vincere, si sa. Ma devono anche imparare a gestire il fatto che non sempre si vince. E i genitori dovrebbero sostenerli.

Ovviamente le critiche non sono ben accolte se non sono esplicitamente richieste, mentre le conversazioni avviate dal bambino portano a scambi costruttivi da pari a pari. Mentre ci sono genitori empatici che lasciano spazio ai propri bambini, esplorando attentamente il loro stato emotivo, altri fanno tutto il contrario e una volta chiusa la portiera, iniziano a parlare. Questo raramente è un bene per il bambino, indipendentemente dal risultato sportivo.

Il successo, il denaro e la fama mettono in ombra tutto il resto: la depressione, la pressione costante e i dubbi su sé stessi. Soprattutto per il restante 99,9999 percento, che non è mai arrivato alla carriera prefissata e che è stato semplicemente distrutto dalle aspettative degli altri. Per coloro che non potevano avere un hobby da bambini, ma dovevano svolgere una missione.

O che odiavano il loro sport come Andre Agassi. Non l'ha nemmeno scelto lui. Perché era comandato dal padre, proprio come la sua futura moglie Steffi Graf. Nella sua biografia, descrive come i due uomini, entrambi prossimi ai 70 anni, siano quasi venuti alle mani quando si sono incontrati per la prima volta, discutendo sui migliori metodi di allenamento.

L'elenco è abbastanza lungo da attirare molti altri genitori che vogliono seguire lo stesso piano. In un caso su un milione, potrebbe rivelarsi vantaggioso, almeno dal punto di vista finanziario. Ma le cicatrici mentali rimangono per sempre.

Ho imparato a non dare importanza a ciò che mi passa per la testa mentre guardo, ma cerco di capire cosa ha spinto il bambino a fare una determinata mossa. Spesso si tratta di temi del tutto inaspettati.

Immagine di copertina: Shutterstock/carciofo pim

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Semplice scrittore, doppiamente papà, che ama essere in movimento e destreggiarsi nella vita familiare quotidiana, come un giocoliere che lancia le palline e di tanto ne fa cadere una. Può trattarsi di una palla, di un'osservazione, o di entrambe.


Opinione

Questa è un'opinione soggettiva della redazione. Non riflette necessariamente quella dell'azienda.

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