«Avatar: La via dell’acqua»: pensi di aver già visto tutto? Ti sbagli
Recensione film

«Avatar: La via dell’acqua»: pensi di aver già visto tutto? Ti sbagli

Luca Fontana
13/12/2022
Traduzione: Nerea Buttacavoli

Forse non è lo spettacolo cinematografico più atteso dell'anno, ma è sicuramente il più bello: «Avatar: La via dell’acqua» non è solo una gioia per gli occhi, ma mi ha commosso più profondamente di qualsiasi altro film da molto tempo a questa parte.

Una precisazione: la recensione non contiene spoiler. Troverai soltanto informazioni già note dai trailer diffusi.


«Respira, Luca. Respira». È come se una voce proveniente da un mondo estraneo mi parlasse: «Svegliati», dice dolcemente.

«Non voglio», rispondo, «lasciami restare ancora un po' qui su Pandora, la quinta luna del gigante gassoso Polifemo. Permettimi di trascorrere ancora un po' di tempo con l'antico popolo del mare. Dalle possenti rocce dei tre fratelli che sfidano il mare in tempesta. E con i Tulkun, creature giganti simili a balene che si spostano da un luogo all'altro come nomadi. Per favore…».

È difficile dire addio.
È difficile dire addio.
Fonte: Disney / 20th Century Studios

Ma la voce – la realtà –, diventa impaziente. All'improvviso si accendono le luci, la luce abbagliante mi riporta nella sala del cinema dove avevo dimenticato da tempo di sedermi. Davanti a me scorrono i titoli di coda. «Avatar: La via dell’acqua», il sequel di «Avatar», è finito e non so ancora come esprimere a parole ciò che ho visto.

Di cosa tratta «Avatar: La via dell’acqua»

Quando gli uomini del Cielo furono sconfitti dai Na'vi, indigeni e letali della foresta di Pandora, la pace sembrò essere tornata: gli uomini erano tornati sulla Terra. Il tempo in cui sfruttavano la luna lontana per le sue preziose materie prime era finito. O almeno così pensavano Jake Sully (Sam Worthington) e Neytiri (Zoe Saldana). Insieme hanno messo su famiglia: due maschi, una femmina e una figlia adottiva, Kiri (Sigourney Weaver). Andava tutto bene.

La pace durò per oltre un decennio. Ma la terra sta morendo e l'umanità ha bisogno di una nuova casa. Con nuove tecnologie, armi ed eserciti, gli uomini del cielo tornano su Pandora, più implacabili che mai. E con loro, un vecchio nemico creduto morto.

Ritorno a casa, a Pandora

Un secondo. È esattamente il tempo necessario al regista James Cameron per riportarmi su Pandora. Avevo dimenticato da tempo cosa si provava a partire per la prima volta nel 2009 per questo mondo sconosciuto eppure familiare. Non mi importava nemmeno più dei sequel previsti. A un certo punto è stato detto che il primo sequel sarebbe uscito nel 2014. Poi 2017. 2018. 2020. Poi è arrivata la pandemia.

Sembrava che «Avatar» non fosse mai esistito. E se fosse esistito, i sequel sarebbero arrivati troppo tardi. Il mondo è andato avanti da tempo. Marvel e DC dominano i grandi spettacoli cinematografici – al di fuori degli adattamenti cinematografici dei supereroi, è difficile attirare le grandi masse davanti al grande schermo.

Ma poi: quell'unico secondo.

Il figlio di Jake Sully, Loak, a caccia: un'immagine fin troppo familiare.
Il figlio di Jake Sully, Loak, a caccia: un'immagine fin troppo familiare.
Fonte: Disney / 20th Century Studios

Avrei mai pensato che la vista delle Montagne dell'Alleluia potesse ancora farmi rimanere sbalordito 13 anni dopo la prima parte? Assolutamente no. Ormai ho visto tutto ciò che potrebbe sorprendermi sul grande schermo.

Eppure me ne sto seduto lì, meravigliandomi delle possenti masse di roccia che fluttuano maestose sopra la superficie della luna. Radici, liane e sottobosco proliferano e collegano le rocce con la vegetazione del terreno. In sottofondo sento il noto tema musicale scritto dal compositore cinematografico James Horner, ora tragicamente scomparso«Iknimaya - The Path to Heaven». Pelle d’oca. È come se non fossi mai stato via. Come se fosse di nuovo il 2009. Come se tutte le meraviglie del cinema fossero ancora davanti a me.

Mi viene quasi da piangere dalla felicità.

Il regista e la sua visione

La sceneggiatura di James Cameron – Cameron non solo dirige i suoi film, ma li scrive anche – non perde tempo. «Avatar: La via dell’acqua» è ricco di azione. L'arrivo del popolo del cielo segna l'inizio di un inseguimento che prosegue fino alla fine. È una buona trovata: con una durata di 3 ore e 12 minuti, il film può sembrare interminabile, ma proprio perché noi spettatori capiamo in ogni momento come si sta evolvendo la situazione, non possiamo fare a meno di seguire la storia incantati. Anche quando si prende molto tempo per spiegarci i nuovi popoli, le nuove culture e i nuovi personaggi.

Nel corso di «Avatar: La Via dell’Acqua» conosciamo un popolo completamente nuovo, con tanto di cultura e folklore.
Nel corso di «Avatar: La Via dell’Acqua» conosciamo un popolo completamente nuovo, con tanto di cultura e folklore.
Fonte: Disney / 20th Century Studios

Soprattutto quest’ultimo vale la pena. L'ho già detto nel podcast digitec a proposito della serie di Star Wars «Andor»: se non si ha a cuore i personaggi, non ci può essere tensione. Ma gli studi cinematografici cercano sempre di tagliare i film presumibilmente troppo lunghi perché non si fidano che possiamo rimanere concentrati per più di due ore. «L'azione vende», dicono. Per questo motivo, spesso sono i momenti tranquilli, quelli in cui non succede molto ma che danno spessore ai personaggi, a essere vittime del montaggio. La tensione ne risente in seguito.

Tuttavia, James Cameron è responsabile di due dei film di maggior successo di tutti i tempi, «Titanic» e «Avatar». Il suo nome è abbastanza grande da permettergli di fare quello che vuole senza che lo studio interferisca. Sony per lui ha persino costruito una cinepresa completamente nuova – Venice Camera System – per girare «La via dell’acqua». Ecco quanto è influente il suo nome nel settore. Non c'è da stupirsi: è stato anche «Avatar» a scatenare il primo grande boom del 3D nei cinema nel 2009, che poi si è nuovamente spento. Con i relativi supplementi sui biglietti, ha portato agli operatori cinematografici e agli studi un sacco di entrate aggiuntive. Non si dimentica una cosa del genere.

James Cameron (68), probabilmente il regista più ambizioso del mondo.
James Cameron (68), probabilmente il regista più ambizioso del mondo.
Fonte: Disney / 20th Century Studios

Cameron ha usato abilmente questa sua libertà – a partire dalla lunghezza del film, che nessuno studio al mondo avrebbe approvato. Nemmeno la Disney, che solo pochi anni fa ha acquistato la 20th Century Fox e con essa i diritti cinematografici di «Avatar». «La via dell’acqua» si è allungato di mezz'ora rispetto al suo predecessore. Anche questa è un'indicazione della posizione di Cameron. Il tempo extra investito per approfondire i personaggi e la mitologia di Pandora viene ripagato. Soprattutto alla fine, alla grande resa dei conti. Non preoccuparti, non svelo nulla. Ma ho sofferto – e goduto – di ogni singolo secondo. Cameron trasmette grandi emozioni.

L'acqua, il grande amore di Cameron

Ma cosa può offrire un sequel che si è fatto aspettare 13 anni? Beh, una quantità davvero sorprendente. Sì, avrei dovuto saperlo. Cameron non sarebbe Cameron se avesse lavorato così a lungo sulla storia, sui sistemi di ripresa, sugli algoritmi e sull'addestramento alle immersioni del suo cast, per poi offrire nuovamente la stessa cosa.

Lo ammetto: «La via dell’acqua» non reiventa la ruota in termini di storia. Ma offre molto di più di un'ovvia citazione di «Pocahontas» e «Balla coi lupi», come ancora nella prima parte. Soprattutto le dinamiche familiari che riguardano Jake, Neytiri e i loro figli danno al sequel un tocco molto più maturo. Ma preparati a una o due sorprese, drammi e romanticismo… almeno un po'.

Poi ci sono questi mondi sommersi. Mamma mia. Proprio quando iniziavo ad avere la sensazione, dopo il primo terzo del film, di essermi saziato delle bellissime ma in fondo già familiari foreste pluviali di Pandora, Cameron cambia il gioco. O meglio: l'ambientazione. Come sia possibile che sia stato creato esclusivamente al computer non lo so. L'acqua è troppo vivida. Le rive, la spuma marina e le spiagge sono troppo oniriche. La rifrazione della luce sotto la superficie, o la sua forma quando i personaggi la guardano dal basso, è troppo realistica. E poi le texture delle rocce e le coloratissime barriere coralline. Ma soprattutto, le creature marine dall'aspetto vivido, in tutte le loro forme e colori, che si aggirano elegantemente negli oceani ed emettono suoni come balene o delfini. Tutto è così pieno di amore e attenzione ai dettagli che è quasi incredibile.

«Cosa ti sta succedendo? Da quando sei così sentimentale?», mi chiedo. Per la seconda volta, la forza delle immagini minaccia di farmi venire lacrime di gioia agli occhi.

Il fatto che nulla in questa foto sia reale, nemmeno la superficie dell'acqua, non riesce ad entrarmi in testa.
Il fatto che nulla in questa foto sia reale, nemmeno la superficie dell'acqua, non riesce ad entrarmi in testa.
Fonte: Disney / 20th Century Studios

Non c’è dubbio: tecnicamente, «La via dell’acqua» è semplicemente mozzafiato, un risultato quasi trionfale degli effetti al computer, e questo in ogni singola inquadratura. Il fatto che la bellezza dei mari mi colpisca in questo modo, tuttavia, è la prima cosa del film che non mi sorprende. Dopo tutto, l'amore di James Cameron per l'acqua attraversa tutta la sua carriera, a partire dal thriller fantasy subacqueo «The Abyss», passando per «Titanic» e le sue successive immersioni profonde fino al primo film «Avatar».

Lo ricordiamo bene: Forse il fascino maggiore di «Avatar» risiede nelle sue foreste pluviali. Soprattutto di notte, tutto ciò che vive lì si trasforma in uno spettacolo naturale bioluminescente proveniente dalle profondità marine che il mondo non aveva ancora visto – in superficie.

Con «La via dell’acqua» Cameron deve aver realizzato una sorta di sogno, che sembra contagioso. A lui e al suo team creativo non sono stati posti limiti finanziari. Si dice che il film sia costato 250 milioni di dollari, e si vedono tutti: Sembra che il 60%, se non di più, si svolga sott’acqua. In effetti, Cameron e il suo team di effetti speciali hanno dovuto armeggiare per anni per rendere il sistema di cattura del movimento e della performance adatto all’uso sott’acqua. Solo in questo modo le performance degli attori potevano essere trasferite a una figura computerizzata.

Conclusione: lo spettacolo più bello dell'anno

«Avatar: La via dell’acqua» avrebbe potuto essere molte cose. Ripetitivo. Privo di ispirazione. Inutile. Soprattutto se considero quanto tempo è passato dalla prima parte. Una pausa troppo lunga tra un film e l'altro della stessa serie ha spesso un effetto paralizzante quando si tratta di riprodurre la magia del predecessore. La trilogia dello «Hobbit» è già fallita per questo motivo. O peggio ancora: «Matrix: Resurrections».

Tuttavia, James Cameron è noto per le sue pause notoriamente lunghe tra un film e l'altro: ci sono già stati dodici anni tra «Titanic» e «Avatar» e sei tra «Terminator 2» e «Titanic» (okay, ha anche realizzato il thriller «True Lies» nel mezzo). Ma Cameron non è mai inattivo. Ha usato le pause per portare l'industria cinematografica e i suoi standard tecnologici a un livello superiore. Solo così poteva realizzare le sue visioni.

«Avatar: La via dell’acqua» è un film in cui lo spettacolo incontra la bellezza
«Avatar: La via dell’acqua» è un film in cui lo spettacolo incontra la bellezza
Fonte: Disney / 20th Century Studios

Questo ha fatto chiaramente bene a «La via dell’acqua». Dal punto di vista visivo, il film non è solo il più imponente, ma soprattutto il più bello spettacolo cinematografico che abbia mai visto. Chiunque non lo guardi al cinema, possibilmente in 3D, si perde davvero qualcosa. Inoltre, il sequel è progredito anche a livello narrativo, approfondendo le mitologie di Pandora come mai prima d'ora. Da questo punto di vista, la prima parte era ancora un po' povera. In cambio, posso dire con certezza che «Avatar: La via dell’acqua» non solo ha soddisfatto le mie aspettative, ma le ha superate. E da quando ho iniziato a scrivere queste righe, ho un pensiero fisso nella mente: voglio tornare.

Voglio tornare a Pandora.


«Avatar: La via dell’acqua» è nelle sale dal 14 dicembre. Durata: 192 minuti. Può essere visto a partire dai 12 anni di età.

Immagine di copertina: Immagine: Disney / 20th Century Studios

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La mia zona di comfort consiste in avventure nella natura e sport che mi spingono al limite. Per compensare mi godo anche momenti tranquilli leggendo un libro su intrighi pericolosi e oscuri assassinii di re. Sono un appassionato di colonne sonore dei film e ciò si sposa perfettamente con la mia passione per il cinema. Una cosa che voglio dire da sempre: «Io sono Groot». 


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