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di Laura Scholz
I ricercatori di Edimburgo hanno sviluppato un processo che trasforma i rifiuti di PET in paracetamolo. Il processo utilizza i batteri.
I rifiuti di plastica sono uno dei maggiori problemi ambientali del nostro tempo. Il PET è presente in molti prodotti di uso quotidiano, come bottiglie per bevande, imballaggi e tessuti. I ricercatori del Regno Unito hanno ora dimostrato che da questi rifiuti è possibile estrarre un utile ingrediente attivo: il paracetamolo. Il team di ricerca ha pubblicato i risultati sulla rivista Nature Chemistry.
Gli scienziati utilizzano batteri viventi (E. coli) per scomporre il PET in blocchi chimici più piccoli, dai quali producono un composto amminico mediante un processo noto come riarrangiamento di Lossen. I batteri poi convertono ulteriormente i prodotti intermedi utilizzando degli enzimi fino a produrre il paracetamolo.
Secondo i ricercatori, il processo di produzione raggiunge una purezza superiore al 92 percento. Ciò significa che il paracetamolo ricavato dalla plastica potrebbe, in linea di principio, essere altrettanto sicuro di quello prodotto in modo tradizionale. Tuttavia, per i farmaci è spesso richiesta una purezza ancora maggiore, motivo per cui è necessaria un'ulteriore ottimizzazione per la produzione industriale.
Il paracetamolo è uno degli antidolorifici più venduti al mondo. Solo in Germania se ne producono oltre 8.000 tonnellate all'anno. Finora la produzione si è basata principalmente sul petrolio grezzo come materia prima. Il nuovo approccio potrebbe ridurre la dipendenza dalle materie prime fossili e, allo stesso tempo, utilizzare in modo sensato i rifiuti di plastica. Inoltre, il riciclaggio è un'attività che può essere svolta in modo efficiente.
Inoltre, il processo di riciclaggio potrebbe ridurre i costi di produzione dei farmaci. I rifiuti di PET sono disponibili in grandi quantità in tutto il mondo e spesso sono estremamente economici.
Tuttavia, il processo di riciclaggio potrebbe ridurre i costi di produzione dei farmaci.
Tuttavia, i ricercatori britannici sottolineano che il processo non è ancora pronto per la produzione industriale di massa. La resa è ancora troppo bassa e le fasi chimiche devono diventare più efficienti. Ciononostante, vedono un grande potenziale per il futuro.
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