
Retroscena
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di Luca Fontana
Eric Grignon, numero uno di Sky, spiega perché oggi lo streaming è più fonte di stress che di divertimento e che cosa va cambiato. Nell’intervista si parla di serie interrotte, algoritmi e di come Sky offrirà presto molto più di semplice televisione.
Troppe app, troppe serie, troppa confusione: oggi lo streaming è diventato quasi un secondo lavoro. Eric Grignon sa come ci si sente. Il CEO di Sky Switzerland segue il mercato da anni e vede dei parallelismi con la rivoluzione causata dalla televisione negli anni '80. Allora, spettatrici e spettatori si perdevano in un mare di nuovi canali. Oggi sono le piattaforme.
La risposta di Grignon? Aggregazione invece di isolamento.
Con Sky vuole offrire un punto di riferimento, non soltanto per gli appassionati di sport, ma anche per i «drogati» delle serie. Nell’intervista, il CEO parla apertamente di Sky Originals, dei contenuti di HBO, della sfida della personalizzazione e del motivo per cui a volte è opportuno interrompere serie di successo. Alla fine, rivela persino che in Svizzera Sky non intende solo fornire contenuti, ma presto anche Internet.
Eric, a sentire le persone intorno a me, per molti lo streaming equivale a un secondo lavoro: troppi abbonamenti, troppe serie, troppo poco tempo. Qual è il tuo parere in merito?
(ride) In effetti potrebbe anche essere. Ormai esiste una miriade di piattaforme di streaming e questo può creare confusione. Quale serie è in onda e dove? Dove posso vedere la prossima partita di calcio? È tutto molto complicato e mi ricorda quando era esplosa la televisione, negli anni ’80 e ’90, con l’avvento delle trasmissioni via satellite e via cavo. Anche i miei genitori, quella volta, trovavano tutto molto complesso.
È un po’ come se lo streaming oggi fosse la nuova televisione satellitare?
Esattamente. Ci troviamo, quindi, all’inizio di un nuovo ciclo. Prima sono arrivati i pionieri come Netflix, poi sono tutti saliti sul carrozzone dello streaming. E ora c’è un gran caos. La fase logica successiva è l’aggregazione, il che significa raggruppare i contenuti e fornire orientamento.
E Sky vuole partire proprio da qui, suppongo.
A dire il vero, è già realtà. Almeno per quanto riguarda lo sport. Quando apri l’app Sky Sports, oggi non vedi più solo i nostri contenuti esclusivi Sky come la Bundesliga tedesca, la Premier League inglese o la Formula 1. Ci trovi anche le partite della UEFA Champions League di Blue, la National League di hockey su ghiaccio di MySports e altri contenuti di DAZN. Anche se devi pagare qualcosa in più per le offerte di altri fornitori, avere così tanti sport riuniti in un’unica app è qualcosa di unico al mondo.
«Sono fermamente convinto che il futuro appartenga agli aggregatori».
Vale lo stesso anche per le serie e i film?
Non ancora. Ma ci stiamo lavorando. Sono convinto che anche in questo ambito, prima o poi, ci saranno delle piattaforme che raggrupperanno i contenuti di vari fornitori, curati, ordinati per argomento e, idealmente, personalizzati. Insomma, se ami le serie poliziesche, dovresti poterle trovare tutte in un unico posto, anche se in realtà sono distribuite da servizi diversi.
Ma questo non è in contrasto con il modello di business della maggior parte dei servizi di streaming?
Ovvio. Ogni fornitore vuole vendere i propri contenuti autonomamente. E questo lo capisco. Ma se ognuno agisce per conto suo, alla fine sono gli utenti a rimetterci. Ecco perché sono fermamente convinto che il futuro appartenga agli aggregatori. Ovvero, servizi con modelli intelligenti che non impongono le cose alle persone, ma forniscono in modo mirato solo ciò che vogliono davvero vedere e fanno pagare solo per quello.
A sentirlo, mi sembra un sogno. Ma vedo anche delle sfide complesse: Netflix, ad esempio, si caratterizza per produzioni originali come «Stranger Things» o «Squid Game», mentre Disney+ si distingue per marchi come Marvel o Star Wars. Dove va a finire l’identità senza esclusività?
Ottima domanda. Chi vuole sopravvivere ha bisogno di entrambe le cose: aggregazione e contenuti esclusivi. Ed è proprio qui che entrano in gioco Universal Studios, Sky Originals e HBO. In Svizzera deteniamo i diritti di distribuzione esclusivi per tutte le produzioni di questi importanti studios. Si tratta di un enorme vantaggio competitivo per noi.
«Non posso rilasciare alcuna dichiarazione in merito a un eventuale lancio di HBO Max in Svizzera. Stiamo comunque conducendo trattative con Warner Bros. Speriamo vivamente di portare avanti questa collaborazione».
Quindi senza la HBO, Sky Show non sarebbe quello che è oggi?
Non del tutto. Abbiamo molte altre produzioni esclusive del nostro partner NBC Universal, oltre alle nostre produzioni Sky. Ma i contenuti HBO sono sicuramente una parte importante della nostra offerta. «The Last of Us», «Succession», «House of the Dragon», «The White Lotus»: sono tutte serie che influenzano anche la nostra identità di brand.
E per quanto tempo ancora? In Germania, Warner vuole lanciare HBO Max già il prossimo anno. C’è la stessa idea anche per la Svizzera?
Non posso rilasciare alcuna dichiarazione in merito a un possibile lancio di HBO Max in Svizzera. Stiamo comunque conducendo trattative con la Warner. E naturalmente presumo che ci sia l’intenzione di lanciare HBO Max anche in Svizzera. Ma qui il mercato è diverso. Attualmente Sky è il secondo fornitore di contenuti di fiction in Svizzera. È una posizione di partenza interessante per tutti i partner, compreso Warner. Speriamo vivamente di portare avanti questa collaborazione.
Perché per voi HBO non è solo contenuto, ma è l’essenza stessa del vostro marchio con cui vi distinguete dalla concorrenza.
Non proprio. Le nostre produzioni Sky, sia quelle realizzate in proprio che quelle coprodotte, come «Tschugger», «Chernobyl», «Gangs of London» e l’acclamato «The Day of the Jackal», caratterizzano il nostro marchio tanto quanto HBO. Senza dimenticare che anche l’offerta sportiva è una parte importante del DNA di Sky. E notoriamente queste produzioni o diritti esclusivi sono molto costosi. Ma ne vale la pena. Ecco perché paghiamo anche molto per assicurarci questa esclusiva.
«Se un giorno HBO dovesse ritirarsi, dovremo adeguarci».
E se alla fine HBO si ritirasse davvero?
In quel caso dovremmo adattarci. Ma sono fiducioso che troveremo una soluzione insieme. Il mercato svizzero è troppo piccolo per dieci applicazioni individuali. Le collaborazioni sono vantaggiose per entrambe le parti.
Esatto. Ad esempio, hai appena detto che Sky è il numero due in Svizzera per i contenuti di fiction. Che cosa significa? Come misuri esattamente una cosa del genere? Dal numero di spettatori? Dai minuti di streaming?
Analizziamo il consumo effettivo. Anche chi trasmette in streaming, quanto e dove? All’interno delle reti si vede chiaramente quali app generano più traffico dati. In testa c’è naturalmente Netflix e questo non si discute. Ma subito dopo arriva Sky Switzerland. Disney+ ha dei marchi forti, ma un catalogo relativamente ridotto. E da noi Prime Video non è così dominante come in altri mercati, ad esempio Germania o Regno Unito. Questo ci lascia un po’ di margine di manovra.
Questo significa che, grazie a HBO, alla vostra casa madre NBC Universal e alle vostre coproduzioni, se si considera solo il volume dei dati siete più forti di Disney+?
A quanto pare. E questo non solo grazie alle grandi serie, ma anche al fatto che posizioniamo bene i contenuti a livello locale. Se sei stato a Zurigo di recente, avrai visto le affissioni di «The Last of Us» dappertutto. Non ci limitiamo a mostrare i contenuti. Costruiamo anche un brand.
Ora una domanda di tutt’altro genere, che sento ripetere spesso dai nostri lettori: perché vengono cancellate sempre più serie di successo? Ad esempio «Chaos» su Netflix. Elogiato dalla critica, ascolti positivi, eppure dopo una sola stagione l’hanno chiuso. Cos’è che non ha funzionato?
Sì, è un fenomeno che anche noi del settore troviamo frustrante. Ma raramente c’è un unico motivo. Oggi non basta più che molte persone guardino una serie e ne parlino su Twitter. Il fattore decisivo è: quanti continuano davvero a guardarla? Quanti guarderanno il primo episodio e quanti vedranno la serie fino alla fine?
Quindi il coinvolgimento è più importante della portata.
O altrettanto importante, direi. Una serie può partire benissimo, ma se le persone la abbandonano senza finirla, è un brutto segno. Forse il marketing era efficace, ma i contenuti non erano all’altezza. Analizziamo tutto questo con molta attenzione, fino a chiederci se qualcuno ha visto l’ultimo minuto dell’ultimo episodio. Sono dati che fino a dieci anni fa non esistevano.
«In passato dovevamo cercare di indovinare quali serie avrebbero funzionato. Oggi possiamo prevederlo con una certa precisione».
A volte, però, si ha l’impressione che la qualità non c’entri nulla, che l’unica cosa che conta sia trovare qualcosa che possa fare ancora meglio.
Sicuramente anche questo importa. Produrre le serie costa molto e ci sono sempre progetti in arretrato. Se ho un budget, diciamo un milione di franchi, devo decidere se continuare con questa serie che sta andando bene, oppure investire in un nuovo progetto che potrebbe fare ancora meglio. Questo è il classico conflitto del costo-opportunità.
Suona brutale.
Infatti, lo è. E a volte si aggiungono anche altri imprevisti: scioperi, attori che non sono più disponibili, problemi di calendario, questioni politiche. Tutto ciò può far sì che una serie, nonostante il successo, non venga continuata.
Quindi, non è una decisione basata esclusivamente su un algoritmo?
Non solo. Anche se, ovviamente, gli algoritmi ci forniscono strumenti per prendere decisioni che in precedenza si basavano esclusivamente sull’intuito. C’è chi lo considera una benedizione e chi una condanna, dipende dai punti di vista. Prima dovevamo indovinare cosa poteva piacere alla gente. Oggi abbiamo un’analisi dei dati che ci permette di dirlo con una certa precisione. Direi addirittura che oggi ogni anno escono più serie di qualità che mai prima d’ora. Non è un caso.
«In fin dei conti siamo ancora dei narratori. La creatività è sempre centrale. Considero i dati come uno strumento che ci aiuta a capire che cosa funziona e cosa no».
D’altra parte, la creatività non è forse sempre più sostituita dagli algoritmi? Un esempio semplice: come creativo, potrei voler filmare una casa blu, ma il modello di dati mi dice che le persone preferiscono una casa rossa. Quindi filmo una casa rossa. Non è forse questo un freno per le idee coraggiose?
Capisco cosa intendi e, sì, abbiamo spesso questa discussione. Ma ritengo che oggi la situazione sia decisamente migliore rispetto a dieci anni fa. All’epoca, molto si basava solo sul puro istinto. Non si sapeva se un film avrebbe avuto successo fino a quando non aprivano i botteghini, il primo fine settimana. Oggi abbiamo più dati, più controllo e possiamo valutare meglio i rischi.
Ma questo non sostituisce in un certo modo l’intuizione artistica? I cosiddetti «happy little accidents», quando casualmente nasce qualcosa di assolutamente unico e geniale?
Mi auguro di no. Perché, in fin dei conti siamo ancora dei narratori. La creatività è sempre centrale. Considero i dati come uno strumento che ci aiuta a capire che cosa funziona, perché funziona e per chi. Ma alla fine chi decide sono sempre le persone.
«In futuro Sky in Svizzera non intende solo fornire contenuti, ma anche Internet e connessioni mobili».
Eric, per concludere, hai accennato a qualcosa che va ben oltre lo streaming. Un piccolo spoiler per l’anno 2025?
(ride) Sì, alla fine ancora una piccola anteprima: in futuro Sky in Svizzera non intende solo fornire contenuti, ma anche Internet e connessioni mobili. Proprio come già avviene in paesi come il Regno Unito, l’Irlanda e l’Italia.
Quindi: Sky come fornitore di telecomunicazioni e non solo piattaforma di streaming?
Esattamente. In concreto, questo significa: accesso a Internet, offerte mobili, forse anche bundle con servizi di streaming. Oggi non posso aggiungere altro: è ancora troppo presto. Ma sì: nel 2025 Sky in Svizzera sarà molto più dei semplici Sky Show e Sky Sport.
E io sono stato il primo a esserne informato?
(ride) A livello ufficiale non è stato ancora annunciato nulla, ma tu lo sai già. Per ora diciamo solo: stay tuned.
Perfetto, abbiamo finito! Grazie mille per la chiacchierata.
Eric Grignon è CEO di Sky Switzerland dal 2017. Di origini francesi, ha contribuito a plasmare il mercato dello streaming in Svizzera sin dall’inizio, inizialmente come direttore di Homedia, dove ha trasformato il servizio di spedizione DVD Hollystar nella più grande piattaforma di streaming indipendente della Svizzera. Precedentemente aveva lavorato, tra gli altri, per Orange e Nokia. Oggi Grignon è alla guida di Sky Switzerland.
La mia zona di comfort consiste in avventure nella natura e sport che mi spingono al limite. Per compensare mi godo anche momenti tranquilli leggendo un libro su intrighi pericolosi e oscuri assassinii di re. Sono un appassionato di colonne sonore dei film e ciò si sposa perfettamente con la mia passione per il cinema. Una cosa che voglio dire da sempre: «Io sono Groot».