Scienza dei sogni: «Non interpretiamo più i sogni, ma lavoriamo con loro»
Retroscena

Scienza dei sogni: «Non interpretiamo più i sogni, ma lavoriamo con loro»

Annalina Jegg
24/11/2022
Traduzione: Sanela Dragulovic

I simboli dei sogni sono una vecchia storia, dice lo studioso Michael Schredl. Oggi si tratta di lavorare con i sogni. Nell'intervista, rivela come questo può arricchire la nostra vita.

I sogni hanno da sempre qualcosa di magico e affascinante. Ad oggi, la scienza non sa esattamente perché le persone sognano. Una cosa è però certa: chi lavora sui propri sogni può imparare molto. Questo è ciò che afferma il Prof. Dr. Michael Schredl. È ricercatore sui sogni e responsabile del laboratorio del sonno presso l'Istituto centrale per la salute mentale di Mannheim.

Che cos'è un sogno, signor Schredl? Come lo definiscono i scienziati?

Michael Schredl: esistono due definizioni. uno è il sogno o il resoconto del sogno. In altre parole, le esperienze che possiamo ricordare dopo il risveglio. L'altro è il sogno come esperienza soggettiva durante il sonno. Quest'ultimo è sempre presente, perché il cervello non dorme mai. In quanto organo biologico, è sempre acceso. Non si può spegnere il cervello. Questo significa che nel sonno sogniamo continuamente, ma smettiamo di sognare nel momento in cui ci svegliamo.

Davvero tutti sognano e per tutto il tempo? Perché allora molte persone affermano di non sognare mai?

Sì, tutti e tutte sognano. Dipende però dall'atteggiamento personale quando ci si sveglia. Alcune persone si svegliano e pensano: qual è il programma di oggi? Cosa devo fare? Oppure, non ho dormito abbastanza, mi giro dall'altra parte e continuo. Se sognare non mi interessa, prendo l'abitudine a questo atteggiamento e non ho memoria dei sogni. In poche parole: con questo atteggiamento, le persone non pensano nemmeno di ricordare attivamente un sogno.

Possiamo cambiare questo atteggiamento?

Per dirla con cautela, quasi tutti possono attivare il ricordo dei sogni focalizzando l'attenzione e quindi ricordare più sogni. In concreto, basta prendere un diario e scrivere ogni giorno per due settimane se si ha sognato o meno. Se ti eserciti in questo senso, potrai aumentare in modo effettivo la tua capacità di ricordare i sogni. Il che, tra l'altro, dimostra che ricordare o meno un sogno non è un fattore esplicativo della salute mentale.

Dal punto di vista della salute, non fa dunque differenza prendersi cura o no dei sogni?

Esattamente, è quello che stavo cercando di dire. Non fa alcuna differenza. Di notte, il cervello continua a fare ciò che deve. Ricordarselo o no la mattina, non ha alcuna importanza. Se non ti piace ricordare i sogni, dovresti lasciar perdere.

Ma perché dovremmo farlo: il lavoro sui sogni è utile alla nostra psiche??

Innanzitutto, lavorare sui sogni è divertente. I sogni sono creativi ed è arricchente averci a che fare. In secondo luogo, se si affrontano e si superano i sogni negativi, questi scompaiono! Questo è un effetto positivo perché in seguito si dorme meglio e si hanno meno incubi. In terzo luogo, lavorando sui sogni impariamo di più su noi stessi e possiamo affrontare meglio la vita. Ci sviluppiamo ulteriormente. Ad essere onesti, devo dire che non esistono studi significativi a lungo termine su questo punto.

La ricerca ha già chiarito perché sogniamo?

Sogniamo perché l'esperienza soggettiva fa parte delle funzioni di un cervello sano. Come ho detto, il cervello non può essere spento e i sogni ne sono il risultato. Che il sogno abbia una funzione o un beneficio aggiuntivo? Questo aspetto non è ancora stato chiarito. Ci sono teorie secondo cui nei nostri sogni ci alleniamo per essere migliori durante il giorno. I sogni migliorerebbero l'istinto di sopravvivenza, ad esempio. Tuttavia, per ora tutto questo rimane una speculazione.

Allora si potrebbe dire che si sogna in base alle esperienze che si fanno giornalmente?

Il bello dei sogni è che offrono una nuova prospettiva. Questo è l'aspetto che affronto maggiormente nel mio lavoro. Ho sviluppato un mio metodo che va oltre alle semplici classificazioni. Guardo più da vicino ciò che la persona sta vivendo nel sogno cercando di porre domande precise, per esempio: cosa si può imparare da ciò che la persona ha vissuto nel sogno?

Può spiegarlo con un esempio?

Consideriamo il sogno in cui si è inseguiti. Sto scappando da qualcuno o da qualcosa. Quello che posso fare per evitare completamente il pericolo e tirarmi fuori dalla situazione è svegliarmi. Ma nel sogno non ho mostrato alcuna capacità costruttiva. Lo schema di base è: avere paura, scappare.

**Giusto per chiarire: per «schemi di base» intende i ben noti «simboli dei sogni»?

No, non è la stessa cosa. L'interpretazione dei sogni con i simboli ha una lunga tradizione ed è stata sostenuta anche da Sigmund Freud e C. G. Jung. Si assegna un certo significato a un animale, a una persona, a un paesaggio. Tuttavia, sappiamo che il contenuto dei sogni è influenzato dalle esperienze che una persona fa durante lo stato di veglia. Poiché la vita varia da persona a persona, non esiste una classificazione univoca. Un esempio: io e il mio team siamo stati i primi a studiare scientificamente la frequenza con cui una persona sogna i cani, a seconda che abbia o meno un cane. E, sorpresa: le persone che possiedono un cane sognano molto più spesso i cani. Lo studio ha anche rilevato che le persone che hanno avuto esperienze negative con i cani durante l'infanzia hanno anche fatto più sogni negativi sui cani da adulti. Ci si rende dunque conto che una semplice interpretazione «sognare un cane significa questo o quello» è inutile.

Ma, allora, quali sono gli schemi di base nei sogni?

Negli schemi di base, come li usiamo oggi nella terapia dei sogni, le cose o le persone presenti nei sogni non giocano un ruolo. Si tratta piuttosto di cosa ha vissuto l'io del sogno e come reagisce ad esso, cosa prova? Spiegato con l'esempio di inseguimento: l'io del sogno ha paura e scappa. Questo è uno schema di base. Non importa se l'inseguitore è un cane, un cavallo o un leone. Se si osserva il sogno da svegli, ci si pensa e se ne parla, si può imparare molto. Lo dimostrano alcuni studi. Quindi nella terapia dei sogni ne discutiamo con la persona sveglia e poniamo domande, per esempio: scappare non serve a nulla, cos'altro si può fare? La maggior parte delle persone trova subito un'alternativa. Si può affrontare l'inseguitore, girarsi e chiedergli cosa vuole. Se lo si pratica da svegli, i sogni di questo genere spesso scompaiono in tempi relativamente brevi.

Ogni persona vive e sogna in modo diverso. Allora anche gli schemi di base sono diversi per ognuno?

Gli schemi di base variano da persona a persona, ma di principio sono sempre simili. Ogni cultura affronta le paure, il dolore o la rabbia in modo diverso. Abbiamo studiato, ad esempio, che negli anni '60 i bambini erano perseguitati in sogno da streghe e diavoli, negli anni '20 dall'uomo nero e oggi dai personaggi malvagi dei fumetti e dei film.

Mi sorge la domanda: come interpretiamo allora i sogni?

Non interpretiamo i sogni. Lavoriamo sui sogni. Ci siamo allontanati dall'interpretazione classica dei sogni, ovvero interpretare i simboli. L'interpretazione dei sogni può essere divertente, ma niente di più. È diverso quando si lavora sui sogni. Ci poniamo la seguente domanda di base: che cosa ha a che fare il mio sogno con ciò che sta accadendo attualmente nella mia vita? Quali conclusioni posso trarre da questo sogno?

Quando i sogni hanno a che fare con la vita attuale: perché la mia collega sogna ancora gli esami di matematica anni dopo aver finito le scuole? Matematica era la materia che la spaventava a scuola.

La domanda giusta è: perché il sogno appare anche se la collega si è diplomata con successo? La questione è chiusa, non ci sarà mai un altro esame di matematica. Ecco una possibile spiegazione: il sogno sceglie un soggetto che fa paura ed è legato all'esperienza di vita e cerca di rappresentarlo. Lo schema di base delle «verifiche» è come valutano gli altri le mie prestazioni. Questo è un fenomeno che si verifica anche nella vita professionale successiva. Il sogno mostra la paura ad esso associata: posso farlo, posso permettermelo, sono abbastanza intelligente per farlo? Cosa potrebbero pensare i superiori o i colleghi di quello che ho fatto oggi?

Il tema del sogno riflette dunque la paura di base di essere giudicati dagli altri?

Esatto. Per questo è necessario sapere che il sogno tende a drammatizzare come un buon regista quando si tratta di argomenti di paura. Nella vita da svegli, può essere una piccola preoccupazione per ciò che gli altri pensano di me. Nei sogni, tuttavia, non supero l'esame di matematica o non sono in grado di affrontare la materia. Se il sogno termina in modo negativo, indica che c'è una paura che è presente nello stato di veglia. Tra l'altro, il nostro io dei sogni è emotivamente più debole dell'io della veglia. Forse questo ha a che fare con il fatto che il nostro io dei sogni attinge più fortemente all'infanzia. Quindi, a tutto quello che si è vissuto in passato.

Riassumendo, ognuno dovrebbe lavorare sui sogni quando ne ha voglia e quando le circostanze lo permettono?

Esatto. L'unica cosa che ha davvero bisogno di motivazione sono gli argomenti spiacevoli come gli incubi. Altrimenti, un sogno di solito porta la motivazione per affrontarlo da soli. Ma nessuno deve forzarsi a farlo. È un peccato che i sogni vengano spesso messi in un angolo esoterico. I seguaci di C. G. Jung credono addirittura di poter riconoscere nel messaggio del sogno un sé superiore, grazie al quale tutto improvvisamente riesce. Chi crede in queste convinzioni deve avere un'alta tolleranza alla frustrazione. Perché, ovviamente, non funziona come promettono alcuni autori di libri esoterici. Ma se si abbandona questa zavorra e si vedono i sogni semplicemente come esperienze da cui si può imparare qualcosa, allora si sperimenta un approccio molto più sobrio e rilassato.

Immagine di copertina: Megan Thomas via unsplash.com

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Annalina Jegg
Autorin von customize mediahouse

Sono così: aperta, riflessiva, curiosa, agnostica, a volte solitaria, ironica e, naturalmente, stupefacente.
Scrivere è la mia vocazione: a 8 anni scrivevo favole, a 15 testi di canzoni «fighissime» (che nessuno ha mai letto), a metà dei 20 gestivo un
blog di viaggi, ora mi dedico alle poesie e ai migliori articoli di sempre! 


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