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Studi abc
Opinione

20 anni di «Lost» – una lettera d’amore alla migliore serie TV di tutti i tempi

Domagoj Belancic
22/9/2024
Traduzione: Martina Russo

«Lost» festeggia il suo 20° anniversario. In onore del compleanno della serie mi sono rivisto tutti gli episodi in un colpo solo e mi sono nuovamente innamorato dell’avventura sull’isola.

Per celebrare degnamente il 20° anniversario della mia serie preferita, ho deciso di riguardarmi tutti gli episodi. In quello che è il mio quinto (o forse sesto?) rewatch della serie, mi sono reinnamorato di questo straordinario pezzo di storia della televisione. E sono molto felice di spiegarti il perché.

Avvertenza: se non hai mai visto «Lost», smetti di leggere. Seguono spoiler sui principali misteri e intrecci della serie.

Una «mystery box» che si prende il suo tempo

Già il primo episodio solleva domande di fondo che mi incuriosiscono. Capisco fin da subito che l’isola su cui sono precipitati Jack, Kate, Sawyer e compagni non è un luogo normale. Che cosa ci fa un orso polare su un’isola tropicale? Qual è il significato del messaggio radio in francese che viene trasmesso in loop da 16 anni? E che razza di mostro è quello che i sopravvissuti sentono nella giungla? Ormai la serie mi ha catturato.

Charlie riassume gli assurdi eventi del primo episodio con quattro parole che resteranno per sempre impresse nella memoria collettiva della comunità dei fan di «Lost»: «Guys, where are we?».

Fede contro scienza

Sono sicuro che molti degli iconici momenti «ecchecazzo» della serie non avrebbero avuto lo stesso effetto dirompente senza l’attesa, a volte estremamente lunga, tra domande e relative risposte. Ovviamente, più ti tocca aspettare per qualcosa, più la rivelazione è entusiasmante. Ma la lentezza delle rivelazioni aveva anche un altro scopo.

Il pubblico doveva essere introdotto lentamente e con prudenza alle risposte ai grandi misteri, che spesso erano a metà strada tra la fantascienza e la magia. Se qualcuno mi avesse mostrato il riassunto che trovi qui sotto prima che guardassi il primo episodio, probabilmente non avrei nemmeno acceso il televisore: sarebbe stato tutto «troppo» per me.

Quindi in realtà l’isola è un «tappo magico» che viaggia nel tempo, progettato per impedire a un malvagio «mostro di fumo» di uscire e invadere il mondo? I passeggeri sono stati portati sull’isola da un uomo immortale di nome Jacob per diventare essi stessi immortali e sostituirlo? E nell’ultima stagione, ci viene mostrato come sarà il tempo successivo alla morte dei personaggi? Sembra una cosa totalmente fuori di testa!

Ma nel corso delle sei stagioni ho cominciato ad accettare lentamente che non tutti i misteri si risolvono con l’aiuto della scienza. Poco a poco, mi sono abituato agli elementi sci-fi e soprannaturali della serie. Ho compiuto, a mia volta, un «viaggio dell’eroe» come quello del protagonista della serie, Jack Shephard.

Solo nelle ultime stagioni Jack si converte dalla scienza alla fede. E si rende conto che Locke aveva ragione. Che l’isola è un luogo speciale e che erano destinati ad essere qui.

Parallelamente alla crescita della fede di Jack, vengono esaminati in modo sempre più approfondito i grandi misteri della serie, toccando temi come i viaggi nel tempo, le dimensioni parallele e la vita dopo la morte. Nessun’altra serie è mai più riuscita, come ha fatto «Lost», a combinare tutti questi elementi assurdo in un tutt’uno coerente nel corso degli anni.

Flashback, flashforward e flashsideway

Tutta la stravagante mitologia descritta in «Lost» non avrebbe mai funzionato così bene se i personaggi non fossero stati scritti in modo superlativo. Il cast composto da oltre 20 persone è il vero cuore della serie e ha fornito una base di realismo ai folli misteri.

Nonostante il gran numero di personaggi principali, sono arrivato a conoscerli non solo superficialmente. Questo grazie soprattutto alla particolare struttura narrativa di «Lost». Solitamente ogni episodio era incentrato su uno dei sopravvissuti. Il passato del personaggio viene quindi raccontato parallelamente alla storia dell’isola attraverso l’espediente dei flashback.

Ho particolarmente apprezzato la varietà che questo stile narrativo incentrato sui personaggi ha dato alla storia. Quella tra la coppia dei coreani Sun e Jin è una tragica storia d’amore. La lotta di Hurley contro i numeri «maledetti» ha aggiunto un sacco di umorismo e di cuore nella serie. E il mio personaggio preferito, lo svitato della botola Desmond Hume, con i suoi flashback che lo fanno viaggiare nel tempo ha quasi incrinato il continuum spazio-temporale.

Anche gli «Altri» abitanti dell’isola, inizialmente misteriosi, diventano man mano dei personaggi «reali» grazie ai flashback, soprattutto Benjamin Linus, leader manipolatore e famigerato bugiardo, e la dottoressa Juliette Burke, che volevano fuggire dall’isola proprio come i passeggeri dell’aereo.

I flashback legati ai vari personaggi fanno in modo che gli elementi narrativi dell’isola, spesso folli e soprannaturali, recuperino un contatto con la realtà grazie a storie credibili provenienti dal «mondo reale».

«Lost» non era perfetto

Ogni domanda ha avuto una risposta

Quello che non sopporto, invece, sono le critiche basate sulla mancanza di informazioni e sull’errata interpretazione di ciò che viene mostrato. I detrattori disinformati o male informati di «Lost» si dividono grossomodo in due categorie.

Categoria uno: coloro che ancora oggi sono fermamente convinti che il grande colpo di scena della serie sia che «tutti erano morti sin dall’inizio». Non. È. Vero.

Può piacerti o non piacerti il contenuto spirituale della serie e l’universo dei flashsideway, ma per criticarli devi almeno averli capiti. Christian, il padre defunto di Jack, lo spiega perfettamente e senza equivoci nell’ultimo episodio. Non mi capacito di come si possa interpretarlo in altro modo.

Categoria due: quelli che sostengono che molte domande non hanno mai avuto risposta. Che il team di sceneggiatori si sia semplicemente inventato delle cose senza un progetto concreto. La mia risposta è: stronzate. Ogni domanda ha avuto una risposta. Sfido chiunque nei commenti a fare una domanda che ritiene sia rimasta senza risposta: sono un’enciclopedia vivente di «Lost» e vi dimostrerò che vi sbagliate.

Datemene ancora

Dopo il rewatch dell’anniversario, sento un vuoto dentro. Ne voglio ancora. Trovo incredibile che dopo la fine della serie non sia stato fatto più nulla per il franchise. La storia secolare dell’isola potrebbe offrire un sacco di agganci per realizzare spin-off, prequel o sequel.

Dall’altra parte, però, sono anche contento che non ci sia stata servita alcuna inutile storia accessoria. Ecco perché, in un mondo in cui ogni serie, ogni film e ogni gioco viene spremuto fino all’ultima goccia, «Lost» resta una realtà più unica che rara.

Non mi resta che programmare il sesto (o sarà il settimo?) rewatch e il quarto volo per le Hawaii. I have to go back.

Immagine di copertina: Studi abc

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Il mio amore per i videogiochi si è svegliato alla tenera età di cinque anni con il Gameboy originale ed è cresciuto a dismisura nel corso degli anni.


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Questa è un'opinione soggettiva della redazione. Non riflette necessariamente quella dell'azienda.

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